Il Bucato al Lavatoio

Durante i primi del '900, accadeva spesso che comuni momenti di quotidianità diventassero dei veri e propri riti, in virtù della laboriosità e della numerosità di persone che gli stessi richiedevano. Il bucato era uno di questi.

Con frequenza settimanale, tutte le donne della famiglia, se non addirittura di più famiglie, partivano da Rivalto, con le ceste in capo piene di panni sporchi e i bimbi al seguito, per raggiungere il lavatoio sulla salita della Lama. Qui accendevano un grande focolare su cui veniva messo a scaldare un paiolo colmo d’acqua. La cenere prodotta dal fuoco, impiegata successivamente durante le fasi del lavaggio, veniva raccolta e ripulita dai tizzoni e dai rimasugli della combustione.

Nell’attesa che l’acqua si scaldasse, le donne strofinavano con veemenza e cura i panni con i panetti di sapone, immergendoli, lavandoli e risciacquandoli nelle vasche del lavatoio (i pelaghi): il lavaggio avveniva nella vasca più grande, il primo risciacquo nella vasca centrale, l'ultimo risciacquo nella vasca più piccola con l'acqua più pulita perché appena sgorgata dalla fonte.

Procedevano, quindi, ad allestire la conca, un grosso tino di legno o di metallo con un buco sul fondo al quale era collegato un tubicino di scolo.

A questo punto, le massaie con la loro maestria davano inizio all’incoronamento, sistemando i panni da lavare nella conca, avendo cura di mettere prima i panni meno delicati e pregiati, poi le lenzuola, quindi quelli più delicati ed, in cima a tutti, la biancheria.

Riempita la conca, sistemavano delle canne  tutte intorno, in modo da creare un  sostegno al “cenerone”, un telo di stoffa molto robusta con trama molto fine che veniva riempito di cenere. L'acqua ormai calda del paiolo veniva versata sulla cenere ed il liquido che fuoriusciva (il ranno) dal tubo di scolo veniva raccolto per essere nuovamente scaldato e riversato sui panni, più e più volte, sino a quando lo stesso risultava limpido all’uscita dal tino.

Un ultimo passaggio serviva per ottenere un bucato lindo come desiderato dalle massaie: il tubo di scolo veniva chiuso ed il tino riempito con acqua calda, lasciata lì per qualche ora, fino al risciacquo finale nelle vasche del lavatoio.

Talvolta, per un risultato migliore, si ricorreva all’uso del turchinetto, un colorante blu che, sciolto nell’acqua di risciacquo, dava al bucato un leggero effetto turchese rendendolo ancor più candido.

Ma le fatiche non erano ancora terminate, occorreva strizzare il più possibile i panni in modo da ridurre i tempi di asciugatura e renderli più leggeri per il trasporto a casa. Se fino a questo momento per i bimbi era stata un'uscita fuoriporta spensierata, ora venivano chiamati a supportare le mamme durante la strizzatura.

Negli anni successivi al dopoguerra, l'usanza del bucato al lavatoio andò via via scomparendo in virtù del progresso tecnologico, del benessere, dell'introduzione delle lavatrici e dei nuovi detersivi, prima in polvere e poi liquidi. Con la raccolta delle figurine dei punti Mira Lanza, per i bambini il "rito del  bucato" rimase comunque un'occasione di svago e gioco.

Nonostante le evoluzioni, il fontanile in pietra de La Lama, benché ormai privo della caratteristica tettoia, è ancora funzionante e rappresenta un punto ideale di sosta, al fresco degli alberi, per una piacevole passeggiata.