Le Cantine di Rivalto

Rivalto, adagiato sulle colline della Valdera, lungo la Strada del Vino delle Colline Pisane, ha una lunga tradizione vitivinicola. 
In questo territorio, attraversato dai fiumi Arno, Era, Elsa e Cecina, i vitigni più diffusi sono il San Giovese, il Trebbiano, la Malvasia, il Ciliegiolo ed il Merlot, da cui si ottengono apprezzati vini della tradizione enologica toscana, quali il Chianti, il Bianco Pisano di San Torpè, il Vin Santo, il Colli dell'Etruria Centrale ed i rossi e bianchi tipici monovitigno.

Passeggiando per il borgo, si possono scorgere gli antichi portoni in legno dei fondi, custodi di inaspettati locali che si diramano in cunicoli sotterranei, ove sono ospitate cantine per la fermentazione e l'invecchiamento del vino, un tempo usate anche come luogo di conservazione di olio, frutta, salumi e formaggi. Ricche di fascino, quasi come dei musei, espongono fiere gli strumenti di lavoro di una volta: botti e barili in legno, ebulliometri in ottone per la misura del grado alcolometrico del vino, torchi vinari, damigiane e fiaschi, il tutto a testimonianza della lunga tradizione vitivinicola. All'interno delle stesse, o in locali separati, sono presenti le "strettoie", ovvero dei locali dotati di una sorta di macina per la pigiatura del vino prima della fermentazione e di un torchio per la spremitura delle vinacce durante la svinatura. 

Diverse cantine sono ormai in disuso benché, ancora oggi, siano ricche di un antico fascino rurale e testimoni di aneddoti del passato: le mura delle stesse, ai tempi della Seconda Guerra Mondialedurante i bombardamenti aerei e le incursioni via terra, hanno rappresentato un rifugio per gli abitanti del borgo e per i numerosi sfollati delle località limitrofe. Non è infatti un caso che Livornesi e Pisani, storicamente rivali tra loro, abbiano da allora trovato un accordo... almeno sull'apprezzamento comune del vino di Rivalto, tornando anche dopo la guerra a rifornirsi di fiaschi vino e bocce d'olio rivaltini.
Ai tempi della guerra tra botti e tini ci si dormiva accucciati e stretti, sperando che la notte passasse in fretta e senza cattive sorprese. Alcuni rivaltini raccontano che, per scampare alle rastrellate e alle razzie tedesche, hanno usato i tini come nascondiglio umano o come posto sicuro per rimpiattacci 'r prosciutto. Nella cantina più grande del paese, la Cantina Cortesiriparata da 'n lenzuolaccio bianco appeso tra i tini, ha visto la luce nel 1943 una bimba di Rivalto. Proprio in questa cantina ci fu un pesante rastrellamento da parte dei Tedeschi, ma per gli approfondimenti sui ricordi di guerra vi rimandiamo alla sezione Aneddoti di Guerra.



Con tutto altro spirito, invece, ricordiamo delle esperienze della vita di tutti i giorni in cantina, quando ci si andava per lavorare, cogliendone le opportunità di incontro, svago e socializzazione, agevolate anche da un sincero bicchiere di vino. 


"... ma per le vie del borgo
dal ribollir de' tini
va l'aspro odor de i vini
l'anime a rallegar"

Dopo la spremitura dell'uva, ad esempio, salendo sullo scaleo con dei barilotti empi di vino sulle spalle, si riempivano le botti e si teneva il conto di ogni nuovo travaso segnando con un gesso una barretta sulla botte -di cui ancora si apprezzano le tracce- e, talvolta, bevendoci sù un bicchiere di vino... l'effetto a fine lavoro era presto immaginabile, considerando che, all'epoca, la produzione di vino era copiosa. 
In occasione delle prime vendite di botti di vino i produttori organizzavano "la cesta", un pasto di accoglienza per gli acquirenti che diventava un momento di convivio e festa perché rappresentava il primo introito dopo le fatiche e le spese sostenute per la coltivazione, la ramatura, il raccolto e la vendemmia dell'uva. 
Tra le principali produzioni, oltre a quella della cantina Cortesi, ricordiamo quelle del Falugi, dei Del Lucchese e del Gotti, quest'ultimo citato anche tra i grossisti di vino della Provincia di Pisa nella guida vitivinicola enciclopedica "Vini d'Italia", Editrice Cosimo Verona del 1962.
Ma le cantine, all'epoca, facevano gola anche a qualche malcapitato di turno, così, ancora oggi, i rivaltini ricordano di quando furono trafugati i prosciutti dalla Cantina del Cortesi attraverso le prese d'aria che affacciano nel giardino della villa. 

Oggi la vendemmia è supportata da strumenti di lavoro più evoluti rispetto a quelli di un tempo: si avvale del trasporto del trattore, di metodi di diraspatura e pigiatura meccanici e, in ausilio alle antiche botti, si utilizzano tini in acciaio dotati di sistemi di controllo che consentono di ottenere la massima resa qualitativa dell'uva. Rimangono però sempre fondamentali il tocco d'esperienza del viticoltore e l'affinamento e l'invecchiamento ad opera del legno delle botti, sapientemente costruite dai mastri bottai di una volta.


Anche il poeta Giovanni Pascoli, insegnante presso il Liceo Classico di Livorno tra gli anni 1887 e 1895, in un componimento in occasione delle nozze della sorella Ida, dedicò alcuni versi al vino di Rivalto, apprezzato durante il suo soggiorno nel borgo nel 1894, ospite di Giacinto Cortesi, padre di Ugo Cortesi, allora studente del poeta:


"...vino che il vetro spruzza ed impallina
scendendo rauco rivolo dall'alto, 
purpureo della tua verde collina
figlio, Rivalto"
               
             Giovanni Pascoli (Nelle Nozze di Ida, 30 Settembre 1895)