La Strega Gostanza

La storia di Gostanza da Libbiano rappresenta un caso emblematico delle vicissitudini di molte donne, oggetto di isolamento e sospetti da parte di piccole comunità, vissute nell’epoca della Santa Inquisizione. Il caso ricalca quello dei tipici processi di allora contro donne, magari vedove e sole, quindi un po’ ai margini della comunità, esperte nell’uso di erbe e di medicina popolare a cui la popolazione contadina si rivolgeva per chiedere soccorso e rimedi ma che, al contempo, era pronta ad accusare e a rendere capro espiatorio a seguito di qualche cura non andata a buon fine. Vigevano allora forti timori per i sortilegi che le stesse potevano mettere in opera ed invidia per l’arte che applicavano in cambio di soldi, doni e cibo, ricorrendo alle sole pozioni ed alle erbe.

Gostanza nasce a Libbiano nella seconda metà del XVI secolo, figlia illegittima di un nobile fiorentino e di un’umile serva. All’età di appena otto anni viene data in sposa ad un pastore dal fare rozzo e violento con il quale trascorre una giovinezza aspra e povera, dando alla luce dei figli. 
Dopo la morte del marito si trasferisce con i figli nel borgo di Peccioli con l’intento di esercitare il mestiere di levatrice, erborista e guaritrice. La povertà del paese e le poche opportunità la costringono ad affidare i figli al proprietario di alcuni possedimenti terrieri e a trasferirsi a Bagni dell’Acqua (attualmente Casciana Terme) un paese termale, nel vicariato di Lari, sicuramente più agiato, ricco e centrale. Da qui esercita la sua arte di levatrice e guaritrice, raccogliendo le erbe medicinali, pestandole e producendo polveri e pozioni da vendere al mercato locale, opera nel territorio circostante costretta a spostarsi di paese in paese per venire meno alle maldicenze di cui è oggetto, essendo una “forestiera” ed esperta di arti misteriose della guarigione viene malvista dalla popolazione locale, tacciata di essere una “Stria”, non accolta in Chiesa, rimanendo in solitudine a pregare.

Gli eventi raggiungono l’apice quando Gostanza, ormai anziana, viene accusata di stregoneria per  aver provocato la morte di alcuni bambini, quindi arrestata e rinchiusa nelle carceri del castello di Lari per subire un processo inquisitorio che durerà trenta giorni. 

 

Nel Novembre 1594 Donna Gostanza da Libbiano viene convocata a San Miniato al cospetto della Santa Inquisizione a rispondere dell’accusa di stregoneria.

La donna, in un primo momento, nega le accuse descrivendo le pratiche benefiche a cui era solita, utilizzando unguenti e piante medicinali secondo una tradizione orale tramandata dalle generazioni precedenti. Successivamente, sottoposta ad estenuanti interrogatori che prevedono violente torture, tra cui la “tortura della corda” -tirata con una fune al soffitto per le braccia con il corpo straziato lasciato appeso-, finisce per ammettere delle colpe, inventandosi  di aver commesso atti satanici, ispirandosi a superstizioni e racconti stereotipati sulla stregoneria. Tra queste fantasiose ammissioni spazia dalla strega vampira che succhia il sangue dei neonati, agli incontri notturni con il diavolo con cui intrattiene rapporti carnali, si accusa di delitti e magie e di aver indirizzato malefici e sortilegi ai propri compaesani, di aver partecipato al "rito della sabba” -convegno di streghe in compagnia del diavolo in cui si compiono pratiche magiche, orge e riti blasfemi-, fino all’aver rubato ostie consacrate per friggerle in padella ed offrirle in sacrificio al demonio e tanto altro ancora pur di dare tregua allo strazio delle torture.  
  
Negli interrogatori successivi si alternano momenti in cui la donna conferma le accuse a momenti in cui la stessa le rifiuta, spiegando che si tratta di storie false raccontate per sottrarsi alle pene della tortura

L’interrogatorio stupisce e confonde i suoi stessi giudici finché l’intervento di Dionigi di Castrocciaro –che sei anni dopo processerà Giordano Bruno-, esperto, anziano e saggio inquisitore di Firenze, in assenza di reali prove a suo carico e capendo che le storie di Gostanza sono frutto di fantasie e luoghi comuni, assolve la donna, liberandola ed obbligandola all’esilio e all’interruzione del suo mestiere. 

Gostanza andrà in esilio a Rivalto, dove rimarrà per circa 10 anni, soggiornando in una casetta in pietra alle spalle di Piazza della Compangnia

La storia di Gostanza ha affascinato l’immaginario collettivo. 
Nel 2000 è uscito il film “Gostanza da Libbiano” di Paolo Benvenuti interpretato dall’attrice Lucia Poli
Diverse le pubblicazioni ed i libri che ripercorrono i giorni del processo:  “Gostanza, la strega di San Miniato” a cura di Franco Cardini, "Storia di un processo inquisitorio" di Gian Ugo e Susanna Berti vincitore del premio Campiello 2012.
Il 21 Giugno 2013, nella serata del solstizio d’estate, il borgo di Rivalto ha rievocato le vicende storiche di Monna Gostanza da Libbiano, giunta in esilio ed accolta dalla comunità rivaltina oltre quattro secoli or sono. Durante “La Notte della Strega”, incentrata sulla rivisitazione storica ed enogastronomica con ricette dell’epoca in Piazza della Compagnia, è stato proiettato il film di Marco de Vita tratto dal romanzo di Susanna Berti Franceschi. La manifestazione si è conclusa con il “rogo della strega”, un falò di mezzanotte secondo gli antichi riti propiziatori per il raccolto delle campagne. La kermesse si è ripetuta anche l’anno successivo con l’apertura de “L’Osteria della Strega” e spettacoli di menestrelli, trovatori, giullari, danze e musiche in atmosfere medioevali. Di seguito le locandine con i programmi delle serate.