Botteghe, Arti e Mestieri

L'idea della vendita del prodotto o della prestazione del servizio, in una realtà piccola come quella rivaltina, nasce essenzialmente in forma di esercizio ospitato presso locali delle unità abitative o come servizio a domicilio o a cura di venditori ambulanti esterni di passaggio in paese. Solo successivamente, si assiste all'apertura di vere e proprie botteghe commerciali per alcune attività.

Le botteghe alimentari, rappresentando l'unico punto di vendita di generi alimentari, spaziavano dal banco dei formaggi e dei salumi, alla frutta, spesso riforniti da contadini e pastori locali, nonché articoli vari di casalinghi. Quando il paese ancora non era raggiunto e servito da fornitori esterni, il venerdì, i bottegai rivaltini andavano al mercato a Pontedera a fare i rifornimenti settimanali e, tornado pieni di pacchi e “balle”, prima con il barroccio, poi con il postale (il pullman del trasporto pubblico), si facevano aiutare dai ragazzi del paese in cambio di qualche mentina o caramella.

Le principali botteghe alimentari, da sempre, sono state in Piazza Beato Giordano, snodo centrale del borgo.
La bottega de "La Mugnaia", attiva già da prima della Seconda Guerra Mondiale, era proprio sul lato del sottopasso di Via dell'Arco, dove il marito Albizzo Ciompi aveva una stalla pubblica per il ricovero del bestiame da traino dei viandanti o dei barrocciai locali. Successivamente, la bottega passò in gestione a Mirella Benedetti che la estese anche con forno e rivendita di Sali e Tabacchi e, ancora, a Ombretta Matteoli (1948-2000), per poi essere chiusa definitivamente. 

Pochi metri dopo, sempre sulla piazza, l’altra bottega, in origine di Settima Castelli in Costagli (1909-1998) e, a partire dalla fine degli anni ’60, rilevata da Lina Pacchini in Mancini che, tutt’oggi, apre ogni mattina. 

Come riportato nella sezione specifica, Otello Benedetti aveva in passato una bottega con piccola mescita di vini e liquori e forno distaccato in Piazza della Compagnia e, successivamente, aprì un bar ristorante, tutt'oggi operativo. 


Sempre in Piazza Beato Giordano, dopo il trasferimento da Piazza della Compagnia, la rinomata norcineria di Osea del Lucchese (1922-1999), conosciuta come “Il Macello”, dove Osea vendeva i prodotti da lui macellati e sapientemente lavorati. La sarsiccia di Osea, nata nel 1948, rimane nella storia del paese. Oggi la macelleria è ancora in funzione grazie all’operato della figlia Doriana.

Poco prima della piazza, su Via Garibaldi, Evelina Del Lucchese (1893-1965) aveva una rivendita di Sali e Tabacchi, "l'aparto" (storpiatura toscana di appalto per indicare la licenza di vendita di sali e tabacchi) che vendeva per lo più sigarette sfuse, sale e pasta sfusa contenuta in barattoli. 

Al tempo, sia per le condizioni economiche che per l'assenza di prodotti impacchettati come oggi, era usanza vendere prodotti sfusi.
Inoltre, a quei tempi, in cui il denaro circolante e gli strumenti di pagamento erano meno fruibili di oggi, era comune il "pagherò" basato sulla fiducia e su un'attenta tenuta dei conti: le bottegaie annotavano su un libricino i crediti dei clienti che venivano saldati a fine settimana o ogni quindici giorni.

Per la stoffa, in gergo “la pannina”, si poteva far riferimento alla bottega di Alceste Gotti (1871-1956) in Via Garibaldi o alla merceria di Virgilio e Rosina Turchi sulla discesa di Via della Compagnia (detta allora “la grotta” perché sterrata, ripida e buia). Qui si potevano trovare sigarette di fili, bottoni, aghi e chincaglieria di vario genere. 
A queste botteghe si rivolgevano i numerosi sarti del borgo che, al tempo, confezionavano abiti o ricamavano e rammendavano (Tullio Del Lucchese, Virgilio Turchi, Secondina Falugi in Caminarecci, Lidia Caminarecci in Franconi). L'abito nuovo era per pochi fortunati e per rarissime occasioni (cerimonie, scuola, etc.), si cercava, piuttosto, di far durare nel tempo i vestiti con rammendi, rinforzi e toppe. I sarti di allora lavoravano su appuntamento, spesso a domicilio e, non di rado, partivano con "la Singer in groppa al ciuco" per raggiungere i poderi limitrofi dove si trattenevano qualche giorno per soddisfare le richieste.

In paese non sono mai mancati i barbieri, attività spesso espletata presso stanze di abitazioni private. Raddo Raddi, in Piazza della Compagnia, coniugava a perfezione l'attività di barbiere con quella di ciabattino, altra attività preziosa e richiestissima al tempo per limitare l'acquisto di nuove calzature. Le suole, all'epoca, venivano irrobustite con chiodi, in modo da limitarne l'usura, benché a scapito della comodità e della stabilità. Le scarpe, soprattutto per i più piccini, venivano acquistate con la lungimiranza della crescita, pertanto piuttosto abbondanti e, quando finalmente diventavano "giuste" per i piedini del bimbo, arrivava il momento di "passarle" ai fratellini più piccoli, con il risultato che nessuno aveva le scarpe della su' misura

Tra i servizi di un tempo, era in essere a Rivalto anche un Ufficio Postale, avviato da Alceste Gotti, prima nella vecchia, poi nella nuova abitazione di Via GaribaldiQui venivano espletati tutti servizi postali (spedizione e corrispondenza, vaglia, pensioni, buoni postali, depositi, etc.) ad eccezione di quelli di telegrafo. La disponibilità del denaro contante, al tempo, non era certo istantanea, pertanto ci si avvaleva del servizio postale della corriera per lo scambio di valuta con le Poste centrali di Pisa attraverso "plichi speciali" con sigilli in ceralacca consegnati al bigliettaio che accompagnava il conducente del postale. Il figlio, Dino Gotti (1906-1999), proseguì l’attività fino al 1971 per poi andare in pensione e lasciare il posto ad Attino Cecconi (1925-1999). L’ufficio postale venne allora spostato in una saletta sotto il Bar di Mirella per poi chiudere definitivamente. La popolazione rivaltina fu così costretta a raggiungere Chianni per i servizi postali.

Tra gli artigiani rivaltini, un posto di rilievo lo occupano i falegnami. La tradizione e la passione della lavorazione e dell’intaglio del legno sono sempre state vive nel paese, a partire da Alceste Gotti che lavorava in un laboratorio nella sua abitazione di Via Garibaldi, ad Enrico Cecchetti, allievo del primo, in origine falegname privato della famiglia Cortesi per la cui cantina costruiva botti e tinelli, nel tempo, estese la produzione, continuando a lavorare nella sua botteghina di Via del GiardinoNon di rado a Rivalto si possono ancora apprezzare, in bella mostra nelle abitazioni, mobili, credenze, cassettiere, madie, porte e persiane del Gotti e del Cecchetti. Oggi la tradizione continua con alcuni appassionati di quelle antiche lavorazioni.


Anche fabbri ferrai e maniscalchi, all’epoca, erano preziosi. In alcuni fondi dei vicoli del paese si potevano osservare intenti, con incudine e  martello, a forgiare pezzi di ferro incandescenti, produrre utensili da taglio per i boscaioli o mettere i ferri ai ciuchi e ai cavalli. Tra gli altri si ricordano Il Morino Luigi Galoppini (chiamato più comunemente Gigi di Nando).

Tra gli altri, anche i muratori e gli scalpellini, fondamentali per murare, imbiancare e ristrutturare le abitazioni, soprattutto dopo i danneggiamenti della guerra. Negli anni recenti, Rivalto ha visto diverse case, un tempo abbandonate, valorizzate attraverso azioni di recupero e ristrutturazione in perfetto stile rustico del paese ad opera di personale locale.

In particolare, le donne coniugavano al lavoro di bracciante, balia, domestica o sarta, le attività di massaia che, tra bucato e cucina, per i nutriti nuclei familiari ed i rudimentali strumenti di lavoro di allora, erano tutt'altro che leggere. 
La situazione si complicava ancor di più per le donne in stato interessante in quanto, non essendo presente un'ostetrica a Rivalto, dovevano raggiungere Chianni in calesse con il rischio di perdere il bambino, episodi drammatici purtroppo registrati allora. 
Un'esigua minoranza di donne, invece, faceva la maestra presso le scuole di Rivalto o dei dintorni.

Anche i venditori e gli artigiani itineranti per la regione contribuivano a rifornire il paese di beni e servizi. Venivano da fuori per vendere stoffe, pesce, riparare sedie, rifare i materassi, raccogliere stracci ed oggetti vecchi. Tra questi, un particolare ricordo a “ir Madonnaio” che arrivava a Rivalto con un carretto trainato da cani per riparare i catini di coccio, caratteristici quelli bianchi e verdi, molto utilizzati un tempo per i lavori di casa.



Nel clima di comunità ed economia del paese, c’era poi chi, o per esperienza in qualche disciplina o per arte dell’improvvisazione e dell’arrangiarsi, all’uopo, si metteva a disposizione della popolazione per piccole riparazioni di accessori domestici -come gli stagnini-, di elettrodomestici, di auto, vespe, cicli e trattori o, ancora, per assistenza e prime cure di infermeria, per caricare merci o trasportare persone con il barroccio. 

Tra questi ci piace annoverare alcuni personaggi che tutti a Rivalto ricordano con simpatia.

Il Boschi, un brav'uomo non vedente e claudicante che, nel tempo, aveva sviluppato una sensibilità sopra la norma, riuscendo a riconoscere le persone dal passo o dalla voce e le monete al tatto. Andava in giro con le grucce, contando i passi per orientarsi nelle vie del paese, sempre allegro, cordiale, chiacchierava con tutti di buon grado. Con il suo banchettino, vendeva caramelle, mentine, frutta secca e semi ed, ironizzando sul suo stato di cecità, ammoniva con un "Guarda che ti vedo!" i piccini intenti a toccare la merce in vendita. Spaccava "i montini" di ghiaia e vagliava il grano. 
Amante della musica, suonava un organetto a manovella girevole e cantava in chiesa con voce baritonale e possente, anche se un po’ stonata, portando il coro fuori tono. 
"Per riprendere Nizza e Savoia, ci vogliono il Boschi e il Toja!" diceva allora qualcuno con simpatia riferendosi al Boschi e al Toja, altro rivaltino curioso, esortando al recupero delle terre passate alla Francia.


“Il Tredici”, un operaio tutto-fare del Comune: becchino, stradino, spazzino, fontaniero, sempre accompagnato dalla sua granata di “steccoli”. Amava il buon vino e, grazie al suo operato, le strade del paese erano davvero pulite. 

"Il Randagio”, persona solitaria e fuori dal comune, che aveva una officina nel fondo di casa piena di cianfrusaglie ammucchiate in cui riparava TV, radio e motociclette, secondo esigenza.

E ancora Piera, Nardo, Gastone, Dino, Vincenzo, Garibaldo e tutte le persone che, nel corso degli anni, hanno contribuito a sviluppare l'imprenditorialità rivaltina, prestando la loro opera nell'allevamento di polli di Canapaia, rigovernando i polli, preparando il mangime, tenendo cura dei capannoni e creando una "squadra" unita e competitiva per i tempi.